Panim – Volti in racconti note autobiografiche
In ebraico «volto» si dice Panim ed esiste solo al plurale, ma non è da intendersi come il plurale italiano «facce» perché in ebraico è un plurale di indefinibilità ed esprime pertanto un concetto singolare indefinito, come indefiniti sono i lineamenti dell’unico viso.
In questa collana raccogliamo racconti di sé che ci restituiscono narrativamente il volto di chi le scrive e le offre.
Ci ha provocato questo passo del filosofo Duccio Demetrio, fondatore della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari:
“Anche la pagina più elementare e grammaticalmente discutibile nella quale ci si racconti in prima persona, costituisce una manifestazione dell’umano che ci chiede di essere comunque ascoltata e letta. Ne consegue che ogni “reperto” o documento autobiografico, anche effimero, è traccia, lascito, eredità di una presenza che ha sentito il bisogno, per i motivi più disparati, di farci sapere della sua esistenza, del proprio essere stato al mondo. Quali ne siano state le sorti.
Il pensiero e le pratiche autobiografiche vanno annoverati in tal modo a tutti gli effetti tra i diritti individuali non negoziabili e imprescindibili delle culture democratiche. Così come – al contempo – ogni pagina scritta di nostro pugno dovrebbe essere considerata come un documento storico, sociale, antropologico, semiologico, assolutamente prezioso: da salvare, proteggere, far conoscere.”
“La vera natura del volto, il suo segreto sta altrove: nella domanda che mi rivolge” (Emmanuel Lévinas)
Caleidoscopio
“Guardiamo. Dentro, i gioielli blu pavone, viola antico, arancio carico si frazionano in un’acquosa fluidità. Palazzo orientale dei ghiacci, harem delle banchise, cristallo di neve del sultano. Viaggio unico, ogni volta ricominciato. Viaggio turchese lungo lucentezze nordiche, viaggio granata al largo profumato dei golfi caldi. Si inventano paesi, paesi senza nome che nessuna carta potrebbe trovare” (Philippe Delerm)
Il caleidoscopio è un giocattolo nato con finalità scientifiche. Fu inventato “per gioco” dallo scienziato scozzese, Sir David Brewster (1781-1868), un bambino prodigio, che costruì da solo il telescopio all’età di 10 anni ed entrò all’Università di Edimburgo all’età di 12 anni.
I titoli di questa collana, spesso di autori emergenti, consentono di far esperienza della magia di guardare “dentro le cose” e lo stupore che questo provoca. Ritrovare sfumature inaspettate in storie che consentano viaggi in terre inesplorate/inaspettate e nei mondi interiori di chi scrive. E nel sé di chi legge.
GeoGrafie
“Le storie, riponendo i luoghi sotto specie narrativa, li mitizzano, inserendoli nella topografia dell’immaginario”. Per dirla con Silvia Albertazzi, che così scrive nel suo ” In questo mondo. Ovvero, quando i luoghi raccontano le storie”, ispirata da quanto dice il narratore dal narratore all’inizio del film di Davide Ferrario “Dopo mezzanotte”: “Forse sono i luoghi che raccontano le storie nella maniera giusta”. Questa collana racchiudere testi che ci offrono nel racconto i luoghi, il territorio in storie.
Skaphia – Narr-azioni sportive che accendono passione
La parabola per concentrare i raggi del sole e accendere la torcia olimpica ad Atena, prima della avvio di ogni Olimpiade invernale o estiva. La Skaphia che da il nome ha questa collana che mette sotto la lente le energie narrative dello sport.
“Al lavoro si contrappone un altro tipo di sforzo che non nasce da un’imposizione, ma da un impulso veramente libero e generoso della potenza vitale: lo sport […] Si tratta di uno sforzo lussuoso, che si dà a mani piene senza speranza di ricompensa, come il traboccare di un’intima energia. Perciò la qualità dello sforzo sportivo è sempre egregia, squisita”, scrisse José Ortega y Gasset.
Montag’s Book – Classici ritrovati
L’incendiario di libri redento protagonista del romanzo distopico “Fahrenheit 451” dà il nome a questa collana che si ripropone di “ritrovare e riproporre” libri che il fuoco del conformismo e delle mode rischia di consegnare all’oblio.
“Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive”. Ci piace chiudere così, citando proprio dall’opera letteraria che ci ha ispirato